L’alimentazione ha un ruolo chiave per le persone con IBD perché può influenzare la sintomatologia, creando diversi inconvenienti in ambito professionale1, che vanno ad aggiungersi ad altre problematiche spesso segnalate dai pazienti, come difficoltà di concentrazione, riduzione della produttività, criticità di interazione con i colleghi e isolamento sul lavoro.1
Dal momento che, ad oggi, non sono disponibili evidenze scientifiche sufficienti per stabilire quale sia la dieta migliore per chi soffre di IBD1, non è facile per i pazienti scegliere che cosa mangiare per sentirsi bene e ridurre il rischio che insorgano sintomi estemporanei o riacutizzazioni della malattia.2
La difficoltà di scegliere gli alimenti da consumare può essere accentuata dal fatto di dover mangiare fuori casa, durante la pausa pranzo lavorativa1 o in occasioni sociali, come aperitivi e cene con colleghi e amici, oppure durante viaggi di lavoro o svago.
Tener conto di alcuni aspetti alla base di una dieta sana e bilanciata e di informazioni sui cibi che possono agire o meno da fattori scatenanti (trigger) dei sintomi delle IBD, può aiutare a fare le scelte appropriate, che dovrebbero però essere sempre condivise con il medico e/o con il dietista/nutrizionista di fiducia.2
Un paziente con IBD su quattro afferma di evitare di mangiare fuori casa a causa della difficoltà di avere il pieno controllo sugli alimenti disponibili nei bar, ristoranti, mense ecc. In realtà, per ovviare a questo inconveniente può essere sufficiente consultare prima i menù e/o informare per tempo i gestori dei locali circa le proprie esigenze nutrizionali e le eventuali limitazioni da rispettare.3
Inoltre, per concordare pranzi, spuntini e cene “sicuri” si possono chiedere delucidazioni sugli ingredienti contenuti nei vari alimenti che si desidera scegliere.3
Accedere a queste informazioni non è un “fatto eccezionale”, ma un diritto previsto dalla legge. Tutti gli esercizi commerciali e artigianali del settore alimentare (ristoranti, pizzerie, bar, panifici, latterie, pastifici, hotel, ecc.) sono tenuti a fornire al consumatore indicazioni chiare e complete sugli ingredienti contenuti nei prodotti confezionati o sfusi, ai sensi del Regolamento Europeo n. 1169/2011.4
Un paziente con IBD su quattro afferma di evitare di mangiare fuori casa a causa della difficoltà di avere il pieno controllo sugli alimenti disponibili nei bar, ristoranti, mense ecc. In realtà, per ovviare a questo inconveniente può essere sufficiente consultare prima i menù e/o informare per tempo i gestori dei locali circa le proprie esigenze nutrizionali e le eventuali limitazioni da rispettare.3
Le principali difficoltà incontrate dalle persone affette da IBD durante la pausa pranzo sul luogo di lavoro riguardano1:
Ulteriori criticità segnalate dai pazienti riguardano il periodo post pranzo, quando possono insorgere sintomi gastrointestinali imbarazzanti da gestire. In questo frangente, la principale necessità insoddisfatta riguarda la privacy e la disponibilità di bagni facilmente accessibili, ma anche il fatto di non avere tempo a disposizione per muoversi un po’ o per riposare dopo aver mangiato è percepito, da chi soffre di IBD, come un inconveniente.1
Per gestire l’alimentazione durante la giornata lavorativa, le persone affette da IBD sono spesso costrette ad adottare diverse strategie, a partire dal controllo dei cibi assunti e da comportamenti alimentari restrittivi che possono determinare, con il tempo, stati di malnutrizione e conseguente riduzione del benessere e della produttività.1
Anche se si soffre di IBD, la dieta quotidiana deve essere il più possibile varia e bilanciata per prevenire carenze di micronutrienti essenziali e garantire all’organismo tutti gli elementi e l’energia di cui ha bisogno.3
Per la stessa ragione, gli esperti raccomandano di non eliminare completamente un alimento o gruppi di alimenti dalla dieta e, in ogni caso, di discutere preventivamente ogni eventuale cambiamento significativo dell’alimentazione quotidiana con il medico o il dietista/nutrizionista di fiducia.3
In generale, durante la pausa pranzo sul lavoro o a casa, viene consigliato di mangiare ogni giorno:3
Inoltre, si dovrebbe aumentare il consumo di cibi risultati in grado di ridurre l’infiammazione, come:2
Consigliato anche il consumo regolare di alimenti cotti ricchi di amido (come patate comuni e dolci, riso e avena) e di vegetali a foglia verde (insalate, radicchi, spinaci ecc.) tagliati molto fini, frullati o ridotti in purea.2
D’altro canto, esistono alcuni alimenti che possono agire da trigger dei sintomi e che è consigliabile consumare con moderazione (preferibilmente evitandoli a colazione e nella pausa pranzo), per tutelarsi da possibili disturbi estemporanei. I principali comprendono:2
Altri alimenti da consumare soltanto occasionalmente, in quanto potenzialmente associati a un aumento dell’infiammazione intestinale sono:2
Riguardo ai cibi che possono aumentare i sintomi gastrointestinali, sembra che persone diverse possano avere una risposta variabile agli stessi alimenti. Ciascuno dovrebbe, quindi, cercare di individuare i cibi “sicuri” e quelli da evitare a livello individuale attraverso la compilazione di un “diario alimentare” (o con l’uso di un’App con finalità analoga) per alcune settimane e, quindi, discuterne con il dietista/nutrizionista di fiducia.3
Se si ritiene di avere difficoltà ad accedere ad alimenti adeguati in mensa o in bar/ristoranti vicini alla sede di lavoro, per ridurre lo stress legato alla pausa pranzo è consigliabile pianificare e preparare a casa, in anticipo, il menù che si intende consumare (anche per più giorni successivi) e portarlo con sé al lavoro. Un suggerimento analogo può aiutare a non sentirsi a disagio o “di peso” quando si pranza o cena a casa di amici o parenti.2
C-ANPROM/IT/ENTY/0065
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