La maggioranza dei medici e dei ricercatori ritiene che per le persone affette da colite ulcerosa o malattia di Crohn sia importante seguire una dieta varia ed equilibrata, in grado di fornire tutti i nutrienti necessari per il benessere dell’organismo. Per questa ragione, di norma, gli esperti non raccomandano di eliminare completamente particolari cibi o gruppi di alimenti.1
Tuttavia, chi soffre di una malattia infiammatoria cronica intestinale (IBD, Inflammatory Bowel Disease) può avere difficoltà a seguire un’alimentazione sana e bilanciata1, soprattutto durante le riacutizzazioni della malattia1 e/o perché ritiene che determinati cibi possano favorire1 o peggiorare i sintomi abitualmente sperimentati e che eliminarli dalla dieta possa aiutare a stare meglio.1
Altre ragioni che possono indurre a seguire regimi dietetici restrittivi sono legate al desiderio di aderire ai modelli corporei irrealistici proposti dalla società occidentale, che non tengono in considerazione la conformazione corporea, il genere e l’etnia, con il risultato di far sentire fisicamente inadeguati.2
Oltre a facilitare l’insorgenza di deficit nutrizionali, osteoporosi, malnutrizione e a ridurre la qualità della vita correlata all’alimentazione, eliminare particolari cibi o interi gruppi di alimenti dalla dieta può aumentare il rischio di sviluppare comportamenti alimentari problematici o un vero e proprio disturbo alimentare, con ripercussioni negative anche sull’andamento dell’IBD di cui si soffre.2
I comportamenti alimentari problematici includono numerosi atteggiamenti connessi all’assunzione di cibo, che possono avere un impatto significativo sul benessere psicologico e sulla qualità della vita e che sono riportati frequentemente da chi è affetto da IBD. I principali comprendono:2
La presenza di un vero e proprio disturbo alimentare viene riconosciuta quando i comportamenti problematici verso il cibo assumono caratteristiche e frequenza di presentazione tali da interferire con il funzionamento della persona2 e da soddisfare i criteri diagnostici previsti dal Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi mentali – DSM.3 I principali disturbi alimentari sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo da binge eating, l’ortoressia nervosa, i disturbi alimentari non altrimenti specificati e il disturbo da assunzione evitante/restrittiva di cibo (ARFID, Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder).2
Diversamente da quanto avviene negli altri disturbi citati, la restrizione o l’evitamento nell’assunzione degli alimenti tipica dell’ARFID non sono legati all’insoddisfazione per l’immagine corporea, ma al timore per le conseguenze negative e i sintomi che i cibi possono determinare oppure a una perdita di interesse nei confronti degli alimenti o al fastidio per le loro caratteristiche sensoriali. L’ARFID può, quindi, interessare spesso le persone affette da IBD, che tendono a sperimentare dolore e a provare paura o ansia in relazione ai pasti, desiderando limitare l’assunzione di cibo.2
I disturbi alimentari possono riguardare persone di tutte le taglie e le conformazioni corporee e di ogni genere, e sono comuni tra chi soffre di IBD.2
Peraltro, si ritiene che la prevalenza di queste problematiche sia sottostimata, probabilmente anche a causa del fatto che molti sintomi tipici delle IBD (evitamento nell’assunzione di cibo, cambiamenti della dieta, perdita di peso ecc.) sono simili a quelli dei disturbi alimentari, portando a diagnosi imprecise e a ritardi nell’avvio del trattamento appropriato.3
Un ulteriore possibile fattore confondente nella diagnosi dei disturbi alimentari in chi soffre di IBD riguarda l’aumentato rilascio di citochine infiammatorie durante le fasi di attività della malattia, che tende a interferire con gli stimoli della fame e della sazietà, determinando anoressia e perdita di peso, anche in assenza di un disturbo alimentare.3
Riguardo ai fattori di rischio per l’insorgenza di disturbi alimentari tra le persone affette da IBD, i dati della letteratura suggeriscono che i principali sono l’appartenenza al genere femminile, l’insoddisfazione per il proprio peso corporeo, il numero di interventi chirurgici a cui si è stati sottoposti in precedenza e l’eventuale storia di disturbi alimentari.3
Oltre a compromettere la qualità della vita, sviluppare un disturbo alimentare può peggiorare il controllo della IBD di cui si soffre.2
Se si ritiene di avere problemi nel rapporto con il cibo, quindi, è importante rivolgersi subito a uno psicologo o psichiatra2 per arrivare precocemente alla diagnosi corretta e al trattamento appropriato, allo scopo di migliorare il proprio benessere sia fisico sia psicologico.3
In aggiunta, può essere utile informare il team medico da cui si è seguiti per la cura della IBD della presenza del disturbo alimentare e delle terapie intraprese per gestirlo.2
C-ANPROM/IT/ENTY/0123
Alcune persone interessate da IBD possono presentare anche malattia celiaca oppure una condizione di sensibilità al glutine non celiaca.
La dieta Mediterranea potrebbe avere effetti favorevoli per le IBD, in considerazione della sua capacità di promuovere la crescita dei batteri intestinali “benefici”.
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD) sono strettamente legate alla nutrizione. Scopri di più sul ruolo dei carboidrati nelle IBD e le diete SCD.