Le persone affette da malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD, Inflammatory Bowel Disease) presentano un aumentato rischio di sviluppare il tumore del colon-retto (CRC, Colorectal Cancer), che risulta correlato alla durata della malattia, all’estensione del coinvolgimento del colon e alla severità dell’infiammazione. In particolare, il rischio di CRC aumenta sensibilmente dopo 8-10 anni dalla diagnosi e, per questa ragione, lo screening periodico con la colonscopia è raccomandato.1
Ma quali caratteristiche ha il CRC nei pazienti con colite ulcerosa, malattia di Crohn? E che cosa si può fare per prevenirlo e riconoscerlo precocemente?
Il CRC insorge come conseguenza della crescita incontrollata delle cellule epiteliali presenti nella mucosa che riveste la parte interna dell’intestino2, che porta alla formazione di polipi. Sebbene rientrino nelle patologie benigne, queste piccole escrescenze della mucosa intestinale sono considerate forme pre-cancerose 2, poiché possono andare incontro a trasformazione in senso maligno (in particolare, i polipi adenomatosi).2
Secondo le stime GLOBOCAN 2020 fornite dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC, International Agency for Research on Cancer), il CRC rappresenta il 10% di tutti i tumori diagnosticati nel mondo ed è al terzo posto per incidenza, dopo il tumore del seno femminile (11,7%) e quello del polmone (11,4%). Nella popolazione generale, la malattia è abbastanza rara prima dei 40 anni, mentre è più diffusa in persone tra i 60 e i 75 anni, con poche differenze tra uomini e donne.2
In Europa e in Nord America, il CRC rappresenta la seconda causa di morte per tumore, considerando sia gli uomini sia le donne.1
Benché il CRC associato alle IBD renda conto soltanto del 2% dei casi totali di questa neoplasia nella popolazione generale, il CRC è responsabile di circa un decesso su sei tra chi soffre di IBD.1 Questo riscontro è legato al fatto che nelle persone con IBD, il tumore del colon-retto presenta alcune caratteristiche distintive.1
In particolare, gli studi hanno indicato che il CRC associato alle IBD, detto anche CAC (Colitis Associated Cancer)3, presenta un più elevato potenziale di malignità rispetto ai casi sporadici che possono interessare la popolazione generale e lo stadio avanzato in cui viene tipicamente diagnosticato riduce l’aspettativa di vita.3
Inoltre, il CRC associato alle IBD tende a insorgere in pazienti più giovani rispetto alle forme sporadiche3 (l’età media alla diagnosi è 43 anni)1, a essere multifocale (ossia, presente in più punti del colon) e ad avere una prognosi peggiore1, con una sopravvivenza a 5 anni del 50%.3
In genere, i polipi intestinali non provocano sintomi 2 o si associano a sintomi molto variabili e condizionati da diversi fattori quali la sede del tumore, la sua estensione e la presenza/assenza di ostruzioni o emorragie. Ciò fa sì che le manifestazioni iniziali del CRC siano spesso sovrapponibili a quelle di molte altre malattie addominali o intestinali (come le IBD) e che sintomi precoci, come la stanchezza e la mancanza di appetito, l’anemia e la perdita di peso, siano spesso trascurati dai pazienti, soprattutto se giovani. 2
I fattori di rischio noti per il CRC sono legati alla dieta, ai geni e ad altre cause di tipo non ereditario.2 Tra queste ultime, rientrano l’età, il fumo, la sedentarietà, una storia clinica di polipi del colon o un pregresso CRC e il fatto di soffrire di IBD.2
Oltre a queste variabili, gli aspetti distintivi delle IBD che fanno aumentare il rischio di sviluppare CRC comprendono l’età della diagnosi di colite ulcerosa o malattia di Crohn, la durata della malattia, la severità dell’infiammazione intestinale, l’estensione dell’area del colon interessato dalla IBD, la presenza di pseudopolipi intestinali e il fatto di soffrire anche di colangite sclerosante primitiva1 (una patologia colestatica cronica progressiva caratterizzata da infiammazione e fibrosi dei dotti biliari). 1
In particolare, è stato osservato che la severità dell’infiammazione costituisce un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di CRC e che le persone con IBD che presentano infiammazione attiva hanno una probabilità 3-4 volte maggiore di sviluppare CRC rispetto ai pazienti senza infiammazione.1 Un analogo incremento del rischio, di circa 3,4 volte, è stato riscontrato nei soggetti con IBD e colangite sclerosante primitiva concomitante.1
Tutti questi fattori di rischio devono essere tenuti in considerazione per definire l’intervallo di monitoraggio endoscopico ottimale per ciascun paziente con IBD.1
Benché l’ampia maggioranza delle persone affette da malattia di Crohn o colite ulcerosa non arrivi mai a sviluppare un tumore del colon, è importante discutere del rischio di esserne interessati con il medico di riferimento, perché il CRC è ben trattabile se individuato precocemente.4 Il confronto con il medico sulle modalità e le tempistiche dello screening del CRC deve essere regolare e continuo.4
Le linee guida raccomandano che la sorveglianza del CRC con colonscopia sia effettuata ogni 1-5 anni, in relazione ai fattori di rischio specifici evidenziati nel singolo paziente1. Per esempio, le persone con diagnosi di IBD da più di 8 anni4 e con fattori ad alto rischio di CRC, come colangite sclerosante primitiva concomitante, infiammazione moderata-severa, familiari di primo grado con storia di CRC in giovane età, storia di displasia invisibile o visibile ad alto rischio (es. polipi adenomatosi) dovrebbero effettuare la colonscopia di controllo una volta all’anno.1
Viceversa, i pazienti con IBD con un minimo coinvolgimento del colon o due colonscopie consecutive senza riscontri di alterazioni e in remissione continua possono considerare la possibilità di estendere l’intervallo dei controlli fino a 5 anni.1
Una sorveglianza endoscopica appropriata si è dimostrata in grado di promuovere una diagnosi più precoce del CRC e una prognosi migliore.1
Per ridurre il rischio di sviluppare CRC se si soffre di IBD, è importante:4
Sul fronte dell’alimentazione, va ricordato che una dieta ricca di grassi animali e povera di frutta e verdura è risultata in grado di promuovere sia le IBD sia il CRC 3 e che circa la metà dei casi di CRC è attribuibile a fattori nutrizionali. Di conseguenza, gli interventi sul piano dell’alimentazione e dello stile di vita sono cruciali nella prevenzione del CRC. 3
In particolare, le evidenze scientifiche indicano che le abitudini dietetiche che privilegiano il consumo di frutta e verdura (ricche di fibre e composti bioattivi, come antiossidanti e polifenoli), grassi “sani” (come gli omega-3 e l’olio di oliva), cibi crudi e integrali (al posto di quelli raffinati) consumati freschi (anziché confezionati/conservati) e che prevedono modeste quantità di proteine animali e l’aggiunta di supplementazioni con probiotici possono contribuire a prevenire l’infiammazione intestinale e il CRC. Questo tipo di alimentazione più “pulita” permette, inoltre, di evitare l’assunzione di calorie in eccesso e di minimizzare quella di sostanze tipicamente presenti nella dieta occidentale (come zuccheri raffinati, emulsionanti e altri additivi artificiali), risultate legate a diverse patologie, compresi le IBD e il CRC. 3
In aggiunta, uno studio ha evidenziato che l’assunzione a lungo termine di alcolici (in particolare, liquori) aumenta la probabilità di sviluppare una particolare forma di CRC e che tale rischio aumenta ulteriormente, in modo cumulativo, se un elevato consumo di alcolici è associato al fumo. 3
Anche se seguire le raccomandazioni generali relative a un’alimentazione e a uno stile di vita sani può aiutare a prevenire il CRC associato alle IBD, va ricordato che non esiste una “dieta perfetta” per tutti 3 e che l’individuazione di schemi alimentari personalizzati è probabilmente l’approccio ottimale per prevenire e trattare le patologie correlate all’alimentazione, comprese IBD e CRC. 3
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